Nel nostro Paese, la denatalità continua a destare preoccupazione. Il 2023 ha registrato un nuovo minimo storico delle nascite (-3,6% rispetto all’anno precedente), un trend negativo che potrebbe essere riconfermato anche quest’anno. Stando a quanto contenuto nel rapporto “Le Equilibriste, la maternità in Italia”, pubblicato da Save The Children, il numero medio di figli per donna è di 1,20, e mostra una flessione rispetto al 2022. La contrazione della natalità e l’alta età media delle donne al momento della nascita del primo figlio (31,6 anni) sono inevitabilmente legate all’accesso delle stesse nel mercato del lavoro e al gender gap.
Dai dati Eurostat, emerge che in Italia il tasso di occupazione femminile (età 15-64 anni) è stato del 52,5% nel 2023, lievemente in crescita rispetto al 2022 (+1,4%) ma ancora sotto la media europea che si attesta al 65,7 %. Il tasso di occupazione maschile in Italia si attesta invece al 70,4%, distaccando quello femminile di venti punti percentuali.
Stando invece all’ultimo rapporto BES 2024 (Benessere Equo e Sostenibile) pubblicato dall’Istat, il divario occupazionale tra le donne (25-49 anni) con almeno un figlio tra 0 e 5 anni e quelle senza figli rimane tuttavia inalterato rispetto all’anno precedente: il tasso di occupazione aumenta per entrambe (rispettivamente +1,1 e +0,9 punti percentuali) e il rapporto tra i due indicatori resta sostanzialmente stabile a 73,0 (un valore dell’indicatore pari a 100 indicherebbe l’uguaglianza tra i due tassi). Il valore più basso si osserva nel Mezzogiorno (66,6), con un valore del tasso di occupazione delle donne con figli piccoli particolarmente più basso rispetto alle altre ripartizioni (38,0% contro il 66,9% nel Nord e il 64,4% nel Centro).
Ritornando al rapporto di Save The Children, emerge inoltre che in Italia una lavoratrice su cinque esce dal mercato del lavoro dopo essere diventata madre e il 72,8% delle convalide delle dimissioni dei neogenitori riguarda le donne. Ulteriore disparità si riflette nella tipologia di contratto: full-time o part-time. Nel nostro Paese solo il 6,6% degli uomini che lavora, lo fa a tempo parziale, rispetto al 31,3% delle lavoratrici, che per la metà dei casi (15,4%) subisce un part-time involontario. Tra coloro che hanno figli, aumenta notevolmente la percentuale di donne impiegate a tempo parziale (36,7%) rispetto a quelle senza figli (23,5%).
Nel libro “Signora economia”, le autrici Giovanna Badalassi e Federica Gentile, fotografano un’Italia in cui il lavoro delle donne è ancora povero, discriminato e messo in crisi dalla maternità. Per molte donne accedere al mercato del lavoro e “fare carriera” comporta rinunciare all’essere madri. Come documentato dalle due economiste italiane, le donne senza figli guadagnano il 53% in più.
Per far fronte alla disparità di genere e alle differenze derivanti dall’essere genitori nel mercato del lavoro, sempre più aziende stanno adottato politiche di welfare volte a migliorare il work-life balance e la conciliazione dei temi vita-lavoro dei dipendenti. La soluzione al problema è ancora affidata alle imprese che stanno facendo passi avanti per contrastare il gender gap creando luoghi di lavoro sempre più inclusivi.
Fonti:
https://www.savethechildren.it/press/maternita-italia-italia-una-lavoratrice-su-cinque-esce-dal-mercato-del-lavoro-dopo-essere
https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/lfsi_emp_a__custom_13358341/default/table?lang=en
https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/04/Sintesi-per-la-stampa-BES-2024_160424-.pdf