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Lavoratori under 35 italiani, tra i più stressati al mondo.

Bain& Company, ha presentato una ricerca globale sui trend che stanno modellando il mondo del lavoro. Il passaggio delle aziende da cacciatori di talenti a sviluppatori di talenti.

Sono sempre di più i dipendenti giovani, che si sentono sfiniti, avvertono un calo dell'efficienza lavorativa, un aumento del distacco mentale, un cinismo rispetto al lavoro, anche nelle prime fasi della loro carriera. Un sondaggio realizzato lo scorso anno dal sito web di lavoro Indeed ha mostrato che, tra le varie generazioni, i millennial e i lavoratori della Gen Z (categoria ampia, che raggruppa i nati tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Dieci del XXI secolo) riportano i tassi di burnout più alti, rispettivamente al 59% e al 58%.

Secondo l’indagine condotta da Bain&Company presente nel report: The Working Future: More Human, Not Less, i giovani professionisti sotto i 35 anni sono i più stressati al mondo. La ricerca si basa su un sondaggio condotto su oltre 20.000 lavoratori in 10 Paesi: Stati Uniti, Cina, Germania, Francia, Italia, Giappone, India, Indonesia, Nigeria e Brasile, economie che nel complesso rappresentano circa il 65% del PIL globale. I risultati mostrano che lo stress da lavoro in aumento è una tendenza che si presenta in tutti i Paesi considerati nel report, ma in misura maggior in Italia, Giappone e Brasile. La pandemia di Covid-19 ha rappresentato un punto di rottura rispetto al passato per la maggioranza degli intervistati (58%) e ha spinto gli individui a ripensare l'equilibrio tra vita professionale e privata. Sono diverse le preoccupazioni che turbano gli under 35; infatti la ricerca mostra che il 61% di questi mostra preoccupazione per le finanze, per la sicurezza del lavoro e per quanto concerne gli obiettivi di carriera. Solo il 40% degli over 35 ha citato le stesse preoccupazioni.

Le motivazioni che spingono le persone a lavorare stanno cambiando. Il compenso ricevuto è ancora sul podio delle priorità della maggior parte dei professionisti, tuttavia in Italia solo un lavoratore su cinque lo classifica come il fattore principale per la scelta di accettare un determinato impiego.

Tra le priorità dei professionisti cresce l'importanza della flessibilità: per il 12% dei lavoratori italiani è il primo motivo per scegliere un posto di lavoro; il 27% preferirebbe non lavorare mai da remoto mentre il 17% vorrebbe lavorare almeno 5 giorni a settimana in smartworking.

I più giovani vedono spesso nel lavoro solo un mezzo per sostentarsi, non un modo per fare carriera o per affermarsi e questo, in parte, li differenzia dalle vecchie generazioni. Su queste basi, Bain & Company suggerisce ai manager delle aziende di investire di più nella formazione, passando dall'essere delle realtà "a caccia di talenti" (talent taker) a “sviluppatori di talenti” (talent maker): dovranno quindi concentrandosi sui percorsi di carriera delle risorse e coltivare una mentalità di crescita all’interno dell’organizzazione. In più, le aziende devono spingere i dipendenti a lavorare sulle capacità personali e a costruire una carriera che corrisponda alla loro idea soggettiva di vita.